Maria Shovkuta Petrovna, classe 1928, è una delle anziane che vivono nella zona di alienazione. Non la si può nemmeno chiamare Samosely (autoinsediante), perchè lei in realtà non abbandonò mai la sua casa.
Vive sola e non solo, è anche l’unica residente dell’intero villaggio. Coltiva da sola un orto immenso, creato su questo terreno sabbioso. Lo zappa con la vanga, dice, mica con i trattori! Mi fa sorridere perchè mentre la guardo, così piccina, così delicata e penso a quanto faticoso sia vivere da soli in un luogo del genere, lei gesticola arrabbiata perchè quest’anno è piovuto poco e le patate sono troppo piccole. E’ di una tenerezza disarmante.
Mentre si riguarda nelle foto stampate che le ho regalato, continua a portarsi la mano davanti alla bocca a coprire quegli unici due denti che le sono rimasti, perchè in fondo è una donna e si sa come siamo fatte noi donne, vogliamo apparire sempre belle. Si emoziona guardandosi immortalata sulla carta fotografica. Poi decide di mostrarci le foto di famiglia e quelle del suo ottantesimo compleanno e lo fa con atteggiamenti di grande orgoglio.
Maria sprigiona allegria! E’ simpatica e coinvolgente, anche se non capisco cosa dice. Ma al momento dei saluti il gioco si fa duro. Crolliamo sempre tutti, emotivamente. Vive sola in mezzo al nulla, unica residente di quello che una volta era un villaggio popolato da contadini. Io le do un bacino sulla guancia, quella guancia tutta rugosa, ma dalla pelle tanto morbida da fare invidia ad una ventenne. Mentre ce ne andiamo, mi giro a riguardarla un’ultima volta e la vedo rimanere sulla soglia del cancelletto di legno a guardarci sparire all’orizzonte, con una mano sul fazzoletto che porta in testa e l’altra appoggiata in grembo.
E’ un’immagine che non posso dimenticare, di una dolcezza incredibile. Da nonna. E’ l’immagine che ho impressa nel cuore.
Le ho promesso che andrò al suo novantesimo compleanno, ma in realtà nemmeno lei sa quando sarà il suo compleanno. Ogni volta deve controllare la data di nascita sui documenti di identità.
Un aneddoto che adoro raccontare di lei, perchè rende benissimo la sua personalità, è quello che avvenne nell’Aprile del 2016. Ricorrevano le commemorazioni del 30simo anniversario dell’incidente alla centrale e una giornalista della BBC che l’anno prima aveva girato un docu-film sulle Babushkas di Chernobyl (ovvero loro, le nonne della zona di esclusione) si trovava in città proprio perchè aveva organizzato la proiezione del film. Aveva preso appuntamento con le nonne, dicendo loro che sarebbe passata a prenderle con un pullmino per portarle al teatro di Chernobyl dove avrebbe mostrato loro il documentario. Baba Maria non si fece trovare e al telefono, quando la chiamarono, disse che non aveva tempo perchè doveva raccogliere gli ortaggi dall’orto. Maria non ha assistito alla proiezione, aveva i suoi impegni da rispettare. Una donna di altri tempi, una vera contadina del Kolchoz.
Nel giugno 2018 le abbiamo consegnato un paio di occhiali nuovi, acquistati grazie alle donazioni pervenute a Serra x il mondo-onlus ed al buon cuore di tutti coloro che viaggiano con me. Qui al link il video della consegna: https://www.youtube.com/watch?v=lZa3bkOWwgc
11 Agosto 2020, Maria ci ha lasciati dopo una vita vissuta esattamente come desiderava viverla. Ho adorato questa donna, esattamente come tutti coloro che l’hanno conosciuta. Una persona meravigliosa. Il mondo ha perso un’altra testimone di una pagina di Storia che ha letteralmente cambiato le sorti dell’URSS e del mondo intero. Nonostante la tristezza per la sua dipartita sia tanta, e soprattutto per non avere avuto la possibilità di incontrarla recentemente, a causa della sospensione dei viaggi, c’è qualcosa che mi rasserena in modo totale.