E’ notizia recente che Sogin (la società dello Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani. Qui il link al sito: https://www.sogin.it/it) ha individuato 67 siti idonei per la costruzione di un deposito per lo stoccaggio dei rifiuti radiologici. Questa notizia ha mandato nel totale panico la popolazione dei siti citati nella mappa, e questo è il motivo per il quale ho sentito la necessità di redigere un articolo in merito a questo argomento. Mi interesso delle varie tipologie di rifiuti radioattivi da tanti anni e ciò che ho capito è che la maggioranza della popolazione italiana è convinta che tali rifiuti siano solo quelli derivanti dall’attività delle centrali nucleari e questo scatena un senso di paura e smarrimento. Non è così. L’articolo che segue intende fare chiarezza proprio su questo punto, andando a spiegare, nel dettaglio, cosa accadrà ai territori che dovranno ospitare tale deposito. La costruzione di un deposito non è opzionale e pertanto più tempo il popolo perderà a “combattere” per non averlo sul suolo italiano (cosa impossibile da ottenere perchè per legge ogni nazione deve gestire i propri rifiuti sul proprio territorio), più tempo vivremo con scorie radioattive non stoccate con la dovuta sicurezza. L’unico modo per combattere le nostre paure è la conoscenza di ciò che ci spaventa ed ecco perchè, anche per questo articolo, così come è stato per quello dedicato al decommissioning (lo trovate qui: https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/come-si-smantella-una-centrale-nucleare-il-decommissioning/) mi sono affidata ad un esperto del settore.
«Prima di iniziare a parlare del deposito dobbiamo introdurre tre concetti: COSA, QUANTO, PERCHE’.
  • Il COSA è ovvio, ma è bene ricordarlo per poi introdurre i punti successivi. Questo conterrà tutti i rifiuti radiologici (passati, presenti e futuri) dell’Italia, categorizzati secondo diversi livelli di radioattività e durata di vita. Possono essere rifiuti a minor livello di radioattività (LLW – Low Level Waste) oppure a più elevata radioattività (HLW – High Level Waste), così come a bassa durata di vita (SL – Short Lived) o lunghissima durata (LL – Long Lived). Questi non sono solamente quelli prodotti dalla generazione elettrica, ma sono anche derivanti dall’industria, dalla ricerca e dalla medicina. Ci sono infatti decine di tipologie di esami o terapie mediche che richiedono la somministrazione di radionuclidi, che nel processo di fabbricazione producono residui contaminati, che necessitano di una opportuna destinazione. I rifiuti di basso livello troveranno qui la loro locazione definitiva, quelli di medio ed alto livello saranno posizionati qui in via momentanea, in attesa della costruzione del deposito geologico definitivo.
  • QUANTI rifiuti saranno stoccati nel deposito? Dobbiamo dividere i rifiuti prodotti da quelli da produrre. Dall’inventario nazionale dei rifiuti nucleari (qui il link al sito: https://www.depositonazionale.it/) sappiamo che i rifiuti odierni (per volume totale) in Italia provengono dai comparti di ricerca e medico (45% totale) e da quello di elettroproduzione (55% totale), per un totale di quasi 31.000 mc. Un volume che riempirebbe un campo da calcio alto poco più di 4m. La loro provenienza geografica (per volume) deriva principalmente da Lazio e Lombardia che da sole ammontano al 68% del totale, per radioattività il Piemonte spiazza tutti con un 73% in solitaria. Questo però non ci dice molto, o meglio, non ci dice tutto. Infatti consideriamo uguali sia i rifiuti di basso livello (I categoria o LLW) che quelli di medio ed alto livello (II e III categoria, o ILW e HLW) che saranno posizionati qui solo temporaneamente. Questi ultimi sono infatti principalmente composti dal combustibile esausto, se consideriamo quelli espatriati da rimpatriare ammontano a meno di 40mc, o poco più che lo 0.1% del volume totale, ma corrispondono alla maggior parte dell’attività totale (e della dose) dei rifiuti italiani odierni. A questi dovremo aggiungere i rifiuti prodotti dalle opere di smantellamento delle installazioni nucleari, che corrisponderanno ad un volume addizionale attorno ai 45.000 mc.
  • Arriviamo quindi al PERCHE’. Questa è però una ovvietà, un rifiuto non può essere lasciato nell’ambiente, dalla bottiglia di vetro alla barra di combustibile tutto deve trovare una sua strada ed un suo fine. Il fine dei rifiuti nucleari è quello di essere messo in condizioni di non inquinare (quindi riciclo) o non avere impatto ambientale significativo (quindi discarica). Da ciò, si deve creare una “discarica nucleare”.
A questo punto arriviamo alla scelta dei siti, perchè capito il problema, dobbiamo trovare una soluzione ad esso. Un sito deve rispondere a numerosi criteri (https://bit.ly/3pR87iF.) Fra questi ricordiamo: assenza zone vulcaniche, assenza sismicità elevata (PGA < 0.25g), altitudine inferiore a 700m, assenza risorse minerarie rilevanti. Definiti i criteri si sono quindi delineate alcune aree da mettere in shortlist. (https://bit.ly/392wqnd). Questa lista comprende 67 siti. 12 sono classificati “molto buoni” (7 in Piemonte, 5 nel Lazio), gli altri sono suddivisi fra buone, insulari (Sardegna) e “zone a sismicità 2”, cioè zone con buone caratteristiche generali meno quelle sismiche, che sono non ottimali.
A questo punto passeranno 2 mesi per una consultazione pubblica, in cui i vari enti coinvolti presenteranno osservazioni e proposte tecniche. In questa fase potranno anche essere proposte autocandidature non vincolanti. Se la fase di autocandidatura venisse meno ci saranno altri tavoli intergovernativi per la scelta del sito definitivo.
Ma come sarà questo sito? Il Deposito sarà costituito dalle strutture per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi a media e alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico idoneo alla loro sistemazione definitiva. Insieme al Deposito Nazionale sarà costruito il Parco Tecnologico, che occuperanno un’area di circa 150 ettari, di cui 40 dedicati al Parco e 110 al Deposito.
Il Deposito Nazionale sarà costituito da una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie per il contenimento della radioattività, le barriere saranno 4, e garantiranno il confinamento del rifiuto per il tempo necessario al suo decadimento fino a livelli paragonabili a quelli ambientali, cioè al massimo in 300 anni. Questi schermi biologici saranno totalmente passivi, non c’è infatti bisogno di raffreddamento alcuno.
Le 4 barriere sono manufatti in cemento armato che conterranno al loro interno i rifiuti nucleari. Questi saranno quindi messi in moduli di calcestruzzo (e riempiti con esso per una immobilizzazione del manufatto). Questi moduli saranno quindi messi in celle in calcestruzzo armato speciale, ed il tutto sarà ricoperto da una collina multistrato, per diminuire l’impatto paesaggistico.
Ed il deposito geologico per i rifiuti ad alta attività? Al momento non è chiaro. Ma già avere un sito per quelli a bassa attività è un grosso passo avanti, siamo l’unica nazione avanzata senza un sito centralizzato in cui riporre i rifiuti nazionali. In secondo luogo, la creazione di un sito per lo stoccaggio temporaneo degli altri rifiuti consentirà di poter smantellare gli impianti, il cui smantellamento è ora precluso dall’assenza di un luogo preposto per accogliere i rifiuti prodotti dalle opere di smantellamento.
Di seguito rispondiamo alle domande più frequenti.
  • NON PUOI RIUSARE QUESTI MATERIALI? Tecnicamente si, potresti, e così diminuiresti ulteriormente il volume dei rifiuti. Ma questo ha un costo che tipicamente non è controbilanciato da altri vantaggi oggettivi. Il volume dei rifiuti totali (sui 70.000 mc complessivi) sparisce di fronte a qualsiasi altra produzione industriale che genera rifiuti. Nel solo 2018 l’Italia ha prodotto 143 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. (https://bit.ly/38jBVig) Da ciò, la creazione di un processo industriale per la diminuzione ulteriore dei rifiuti non è una via ritenuta fattibile.
  • CHE DOSE RICEVERA’ LA POPOLAZIONE? Per legge, la popolazione non può ricevere oltre 1 mSv di dose annuale (la dose ambientale in Italia è 2-3 mSv, ma con punte anche ad oltre 10 mSv, mentre un lavoratore nucleare può arrivare fino a 20 mSv). Tipicamente la popolazione non raggiungerà neppure l’1% di questa dose consentita. Questa sarà assorbita durante gli spostamenti del materiale, che per ragioni di sicurezza sarà fatto di notte (così da avere traffico minimo sulle vie di trasporto). E’ più probabile che tu assorba più dose con un qualsiasi volo di linea che dal deposito nazionale. (http://bit.ly/2kBZ4WX)
  • CHE EFFETTI CI SARANNO SULL’AMBIENTE? Gli effetti sarebbero complessivamente benefici. Data la natura dell’impianto, saranno precluse attività pericolose nelle vicinanze, o anche il trasporto di materiale pericoloso nelle vicinanze (uno dei criteri è quello di essere distante dalle principali vie di comunicazione). Ci sarà una vigilanza attiva della zona, e quindi la salute pubblica sarà più monitorata che altrove (sono arcinoti casi storici in cui le centrali nucleari italiane, dopo la loro chiusura, trovarono sversamenti illeciti nei fiumi fatti a monte). Oltre a questo, i rifiuti avrebbero una loro sistemazione definitiva e con sicurezze maggiori rispetto alla localizzazione attuale.
  • DISINCENTIVERA’ IL TURISMO? Altrove i siti dei rifiuti nucleari sono punti turistici. Non attraggono milioni di persone, ma neppure li allontanano. (https://www.covra.nl/en/)
  • COME AVVIENE IL TRASPORTO DELLE SCORIE? Avviene con mezzi speciali, ed il tutto è incapsulato in “contenitori da viaggio” che ne assicurano l’integrità durante il trasporto anche in caso di incidenti gravi.
  • CI TROVEREMO SCORIE NUCLEARI NELL’ACQUA DELLA PASTA? No, date le caratteristiche del sito, queste evenienze sono assolutamente da escludere, per le motivazioni sopra elencate.»

Ringrazio per questo articolo:

  • Enrico D’Urso, laureato in Fisica Biomedica presso l’Università degli Studi di Torino. Ha basato i suoi studi sul nucleare (in tutte le sue declinazioni, dal medicale alla produzione elettrica) e la radioprotezione. Enrico è un divulgatore scientifico che tratta soprattutto argomenti ambientali e nucleari, curatore della pagina Facebook “La Fisica che non ti aspetti” (https://www.facebook.com/lafisicachenontiaspetti)

Nelle fotografie, in ordine di apparizione: i siti idonei sul territorio nazionale individuati da Sogin, stoccaggio rifiuti, parco tecnologico per lo stoccaggio rifiuti, mappa dei siti europei di stoccaggio rifiuti già esistenti e in costruzione