Durante gli anni della Guerra Fredda, ogni edificio pubblico, in Unione Sovietica, era dotato di maschere antigas.
Le tensioni tra URSS e Stati Uniti facevano temere ai russi un attacco con armi chimiche, ed è per questo che mettevano a disposizione della cittadinanza le maschere antigas e pratici poster con vignette che spiegavano come comportarsi durante tale eventualità. Ogni scuola, asilo, banca, teatro era dotato di questi equipaggiamenti.
Poi accadde che il 26 Aprile 1986 esplose la centrale nucleare di Chernobyl. Era notte e tanti cittadini di Pripyat assistettero, dalle loro finestre, a questo incendio. Raccontano di un cielo pieno colori incredibili, talmente belli da sembrare un’Aurora Boreale. Le persone non sapevano che non dovevano starsene alla finestra a guardare questa spettacolare aurora nucleare. Non sapevano che così facendo si stavano esponendo a radiazioni mortali. Non sapevano nulla. Così il giorno dopo tutti si recarono al lavoro, portarono i bambini a scuola, qualcuno si sposò (https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/viva-gli-sposi-pripyat-26-aprile-1986/) e nessuno indossò quelle maschere antigas.
Nessuno sapeva di doverle indossare perchè il Governo aveva dichiarato che si trattava di un normale incendio alla centrale nucleare, peraltro in via di risoluzione. Nessuno disse loro di indossarle. Nessuno gli disse di lasciare le scarpe fuori di casa, di chiudere bene le finestre e non uscire assolutamente di casa, di lavarsi con perizia e di pulire i cornicioni dei balconi. Eppure già si vedevano girare i primi mezzi per la pulizia delle strade e degli edifici e spuntavano soldati, con indosso le maschere, che alle domande dei cittadini incuriositi e preoccupati, rispondevano che tutto era sotto controllo.
Al pomeriggio di sabato 26 Aprile i bambini giocavano nei parchi della bella Pripyat con la centrale all’orizzonte che sprigionava radiazioni mortali.
Nessuno li avvisò e quelle maschere rimasero sigillate nelle casse riposte nelle soffitte degli edifici pubblici.
Pripyat venne evacuata il 27 Aprile nel primo pomeriggio, 36 ore dopo l’incidente, e ancora senza l’utilizzo di protezioni per le vie respiratorie e per il corpo. Questo fu davvero criminale da parte del governo sovietico, in quanto indossare quelle maschere avrebbe salvato la salute di tanti cittadini. Fu doppiamente criminale se si pensa che l’ordine di evacuazione fu dato con tanto ritardo. Lara, la mia cara amica evacuata da Pripyat, mi racconta sempre di quanta rabbia le fa il pensiero che la sua salute e quella dei suoi figli, potevano essere preservate, nonostante il grave incidente. Loro si fidavano del governo, motivo per cui nessuno si preoccupò. “Se il Soviet dice che tutto è ok, significa che tutto è ok.” Oggi Lara comprende quanto si sbagliava, ingenuamente. Di lei vi ho parlato nell’articolo al seguente link: https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/lara-storia-di-una-donna-evacuata-da-pripyat/.
Nel tempo quell’immensità di maschere è stata sparpagliata negli edifici al solo scopo di impressionare i turisti.
Una beffa nella beffa. Questa terra non trova pace nemmeno da morta.