Rossokha è una cittadina compresa all’interno della zona di esclusione di Chernobyl, che fu evacuata nel 1986, dopo l’incidente alla centrale nucleare.

Di questa località, una superficie di circa 20 ettari venne utilizzata come deposito di mezzi, militari e civili, che furono impiegati nelle operazioni di decontaminazione ed evacuazione. Si tratta di camion, furgoncini, elicotteri, auto, carri armati, camionette dei pompieri e pullman. Proprio quei pullman che accompagnarono i cittadini di Pripyat fuori dall’area interessata dall’incidente nucleare, durante la giornata del 27 Aprile 1986. Tutti questi mezzi erano pericolosamente contaminati e per questo furono ammassati a Rossokha in attesa di stabilirne il futuro. Tutta l’area è ancora oggi altamente contaminata, racchiusa da filo spinato e si presenta come un vero e proprio cimitero radioattivo.

Non è meta di visitatori e non sono tante le notizie che si hanno in merito a questo luogo. Esistono alcune foto aeree di Rossokha di quando ancora i mezzi erano integri e se ne possono vedere a migliaia. Negli ultimi 35 anni è stato solo un deposito, silenzioso ed inquietante. Negli anni i camion, elicotteri, bus e mezzi di vario genere parcheggiati in questa area, sono stati parzialmente smantellati per evitarne il furto di pezzi. Infatti, nei primi anni consecutivi all’evacuazione, si è assistito al furto di motori o pezzi utili come ricambi, che venivano poi rivenduti nei mercatini di Kiev e presso il mercato nero. Si trattava, però, di componenti altamente contaminati. Nonostante la Zona di esclusione sia recintata e sorvegliata dai militari, sappiamo bene che gli sciacalli non sono mancati nemmeno qui.

Ammetto che imbattermi nelle turbine degli elicotteri sovietici MI-8, utilizzati per la liquidazione delle conseguenze dell’incidente al reattore 4, mi ha davvero emozionata. Così come potermi affacciare all’interno di un cabina di guida dei cingolati destinati allo stesso utilizzo. Così come vedere tutti quei pullman accatastati l’uno sull’altro, pensando che su questi mezzi i cittadini di Pripyat hanno affrontato un viaggio verso l’ignoto, lasciandosi alle spalle tutta la loro vita, gli amici, il lavoro, gli effetti personali e anche gli animali domestici. (Vi ho parlato dell’abbandono forzato degli animali di compagnia nell’articolo a questo link: https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/i-cani-di-chernobyl/)

Ho poi scoperto che a Burakivka, l’altro cimitero dei mezzi presente all’interno della Zona, ci sono molti MI-8 e Mi-26 ancora riconoscibili dalle fusoliere, anche questi parzialmente smontati. Le pale sono ordinatamente accatastate una sull’altra, le fusoliere un pò ovunque insieme ai carrelli di atterraggio. (Tra le foto ne trovate una che rappresenta un frame di un video inviatomi da un amico.)

Ho raggiunto Burakivka nell’Agosto 2019, ma non il sito che siamo soliti vedere nelle foto che girano nel web. Purtroppo la mia esplorazione è stata interrotta dalle autorità a capo del controllo del sito Vektor, ovvero il deposito di scorie radioattive, motivo per cui non posso divulgare il video che avevo realizzato quando all’orizzonte ho visto stagliarsi questa immensa “fabbrica”. Esplorazione rimandata, sperando di essere più fortunata. Personalmente non sono mai riuscita ad entrare in questo cimitero, quello dove viene custodito anche Joker, il robot che venne utilizzato nell’immediato dopo incidente.

Rossokha, invece, l’ho visitato più volte. Rimane un luogo immutato nel tempo. Al visitatore distratto può sembrare solo una grande discarica di ferro mentre agli occhi degli appassionati, come me, risulta essere un vero e proprio museo a cielo aperto. Ogni pezzo di ferro rappresenta un pezzo di storia di motori, civili e militari, degli anni della Guerra Fredda. Per gli appassionati, ogni rottame può essere corredato di una didascalia tecnica approfondita. Anno di costruzione del mezzo, destinazione d’uso, anni di operatività. Sapete quanto ha da raccontare un cingolo di un carro armato  T-64 o la fusoliera di un MI-8?!

Da “Confessioni di un reporter” di Igor Kostin:

‘La radioattività nei pressi di quel cimitero è terribile. A terra è proibito avvicinarsi. Chi ci prova, ne muore. Per più di 10km costeggiamo carcasse di elicotteri, veicoli blindati, camion dei pompieri. Apro l’oblò, mi sporgo, scatto la foto.  Faccio cenno al pilota. Ho finito la pellicola. Inutile attardarsi. Non getto nemmeno uno sguardo al cimitero delle macchine.’